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Il Komoot Badlands Women’s Rally: Un bikepacking al femminile con la nostra Giulia

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  • Categoria dell'articolo:Ciclismo

Pedalo pigramente verso Almeria assieme alle mie compagne di avventura, lo sguardo perso nelle onde. Sono silenziosa, come tutte noi del resto: sappiamo che il nostro viaggio sta per finire e come insegna Leopardi domani dovremo tornare alle vecchie abitudini e alla vecchia vita.

E’ già volata una settimana da quando sabato scorso siamo partite da Granada, 70 donne completamente sconosciute su un percorso tanto duro quanto affascinante, inaspettato e vario in ogni sua parte. Komoot, applicazione che permette di “trovare, pianificare e condividere avventure” – citando la loro stessa descrizione – ci ha regalato un sogno: la possibilità di partecipare a un evento outdoor dedicato a noi donne del mondo, per abbattere qualsiasi stereotipo di razza, credo, orientamento, e cultura. La traccia, creata appositamente dall’ideatore di Badlands, una delle più belle e dure gare di ciclismo gravel in Europa, prevede circa 700km e 13000m di dislivello passando per il deserto di Gorafe, il parco naturale di Cabo de Gata e il deserto di Tabernas, per poi piegare con un colpo di reni verso la costa ventosa di Almeria. Sono partita con l’ansia del dover salpare per l’ignoto, senza punti di riferimento, amicizie, né luoghi che conoscessi, portandomi nel cuore le persone che avevo lasciato indietro: avevo un disperato bisogno di fare qualcosa che mi occupasse concretamente la testa e che mi mettesse alla prova…ed eccomi qua.

Potrei parlare di km, pendenze, guarniture e copertoni ma non sono la persona più qualificata, né mi interessa: ho deciso di lasciare che le cose semplicemente fossero, senza troppa pianificazione né aspettative. E’ successo così per caso che il primo giorno io abbia conosciuto alcune ragazze, tutte molto diverse tra loro e ognuna a modo suo speciale. Con loro ho legato subito e con loro ho vissuto tutta la settimana pedalando con le nostre case a due ruote, aiutandoci sempre ognuna come poteva: chi indicando la rotta, chi sistemando piccoli problemi meccanici, chi offrendo il proprio cibo, chi solo facendo una risata leggera: in questo modo abbiamo divorato tappe giornaliere tra i 100 e i 130 km con una media di 2000m di dislivello, trascinando borse, fornelli, sacchi a pelo e le nostre vite per single track esposti sopra i canyon del deserto, dove la roccia di mille colori ci faceva a tratti dimenticare il caldo e la fatica del pedalare sulla sabbia. Abbiamo dormito nei posti più disparati, a volte per conto nostro e a volte assieme ad altri gruppetti di ragazze con cui ci incrociavamo per caso durante la giornata: vecchi lavatoi di remoti paesini in quota, dormitori comunali, ristoranti abbandonati.

La doccia, se c’era, era sempre fredda ma il piacere di potersi lavare via la polvere prima di infilarsi nel sacco era diventato un vero lusso! La mattina non mi facevo nemmeno più domande su come sarebbe stata la giornata, se sarebbe stata dura, se me la sarei cavata: le preoccupazioni sparivano e impacchettare ciclicamente materassino, sacco a pelo e vestiti e salire in bici era diventata ormai la nuova routine, il prologo di un’intera giornata sui pedali. I problemi tangibili erano trovare acqua e cibo, pensare a dove poter dormire la sera: la vita stava avvenendo proprio là, in quel momento, e tutto il resto perdeva definizione. Abbiamo incontrato un’incredibile umanità lungo la via: persone che ci accoglievano a braccia aperte, disponibili ad aiutarci, a offrirci un posto sicuro dove dormire, a darci un’indicazione utile, a preparare un pasto caldo a qualsiasi ora del giorno. Forse questa è stata una delle cose più belle: ritrovare gesti di amore universale in persone sconosciute nel momento del bisogno.

Pedalo pigramente e chiacchierando davanti all’ultimo caffé insieme ci rendiamo conto che non siamo le stesse persone che erano partite da Granada: siamo reali, siamo state nude davanti alla vita, ce la siamo cavata grazie alla nostra forza d’animo e alla nuova amicizia che adesso ci lega e ci legherà sempre. Al rientro, qualcuno mi guarda negli occhi e mi dice “hai lo sguardo felice”. Nonostante la malinconia, le scottature e le gambe stanche, sì sono felice e orgogliosa di quello che ho vissuto. La fatica, la bellezza dei posti, il dare prima del ricevere ci fa riscoprire la nostra vera fibra e ci fa capire che vivere in un modo più vero ci rende persone migliori: pare che la bicicletta faccia di queste magie.